Dacca, esercito: "Uccisi 20 ostaggi, per la maggior parte italiani e giapponesi". Farnesina: nel locale cenavano 11 connazionali
DACCA - L'assenza di notizie dall'Unità di crisi della Farnesina sulla sorte degli italiani presenti tra gli ostaggi di un commando dell'Is barricato in un bar ristorante di Dacca, a poche centinaia di metri dalla nostra sede diplomatica nella capitale del Bangladesh e non lontano dal luogo dove fu ucciso il cooperante Cesare Tavella, lasciava presagire il peggio. Quanto si temeva è ora confermato. Shahab Uddin, portavoce dell'esercito bengalese, fa sapere che i venti civili uccisi dai jihadisti sono tutti stranieri, per la maggior parte italiani e giapponesi.
Da fonti del Ministero degli Esteri, che per il momento parla di "probabile presenza di italiani tra le vittime", i nostri connazionali a cena nel locale erano undici. Tra di loro Gianni Boschetti, riuscito a mettersi in salvo nelle prime fasi dell'assalto. E che all'Ansa aveva già raccontato di "almeno una decina di italiani divisi in due tavoli. In uno ero seduto con mia moglie e un cliente, nell'altro c'erano sette o otto persone". Boschetti, grossista di abbigliamento, non ha più saputo nulla della moglie e degli altri. Dal racconto reso a Repubblica da Sumon Reza, supervisore del bar ristorante, anche un dipendente italiano, "Jaco", è sfuggito all'attacco terroristico.
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che in mattinata si è trattenuto per un'ora a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha avuto un colloquio telefonico con l'omologo bengalese Abul Hassan Mahmood Ali, secondo il quale, riferisce la nota, le autorità locali non hanno ancora elementi sulla nazionalità delle vittime. Il ministro Mahmood Ali si è impegnato a dare informazioni il più presto possibile sulla sorte degli italiani coinvolti.
Il gruppo di terroristi, composto da almeno sette elementi, li aveva trattenuti con sè dopo aver dato l'assalto, intorno alle 20,45 di venerdì sera, al Holey Artisan Bakery, locale di Gulshan, il quartiere diplomatico della capitale del Bangladesh. Che vi fossero almeno sette italiani a cena nel locale era stato confermato dall'ambasciatore italiano a Dacca, Mario Palma.
Durante il sequestro, le forze di sicurezza hanno stabilito un contatto con i terroristi e tentato una trattativa. Quando si è capito che non c'erano margini, è entrato in azione l'esercito, un centinaio di uomini del battaglione intervento rapido con blindati. Quattro ore di scontro a fuoco, tra spari, esplosioni e raffiche, prima che fosse dichiarata la fine dell'emergenza. Quando le armi hanno taciuto, circa dieci ore dopo l'assalto dei jihadisti, è iniziato lo stillicidio sul numero delle vittime innocenti, sulla loro nazionalità , sull'inferno che hanno vissuto.
Il primo bilancio lo fornisce la premier Sheikh Hasina: "Uno dei terroristi è stato catturato, ferito e portato in ospedale. Altri sei uccisi, ma tra gli ostaggi vi sono vittime. Siamo stati in grado di salvare 13 persone e non abbiamo potuto salvarne altre". A seguire, il direttore delle operazioni militari dell'Esercito, generale Nayeem Ashfaq Chowdhury, offre in conferenza stampa il numero delle vittime e un macabro dettaglio: "Abbiamo recuperato venti corpi. La maggior parte con brutali ferite da arma da taglio. Probabilmente machete".
Un portavoce del governo giapponese dichiara che un connazionale è stato salvato ma si ignora la sorte di altri sette. All'emittente Times Now, il colonnello Tuhin Mohammad Masud, comandante delle forze speciali, rivela che tra gli ostaggi tratti in salvo figurano due cingalesi. I media parlano anche di un argentino e due bengalesi.
Agghiacciante la testimonianza resa al Bangladesh Daily Star da Rezaul Karim, padre di Hasnat Karim, uno degli ostaggi. "Gli assalitori non si sono comportati male con i connazionali del Bangladesh. Controllavano la religione degli ostaggi. Chiedevano a ognuno di recitare versi del Corano. Quelli che li conoscevano venivano risparmiati, gli altri torturati".
C'è poi il racconto di Sumon Reza, supervisore del bar ristorante, che a Repubblica riferisce di aver visto due degli assalitori: sotto i 30 anni, magri e con armi di piccolo calibro. "Hanno usato esplosivi per respingere la polizia. Due dipendenti del locale sono stranieri: Jaco, italiano, si è salvato, l'altro, argentino, purtroppo no. Jaco è il nostro chef per il gelato italiano. E' sfuggito alla cattura rifugiandosi sul tetto con altri dipendenti. Poi è riuscito a saltare fuori e a mettersi in salvo". "Il locale - continua Reza - è frequentato da molti stranieri e molti italiani. Da quel che sappiamo, in quel momento stavano cenando vostri connazionali".
Mentre in Turchia l'attentato all'aeroporto di Istanbul viene attribuito all'Is anche in assenza di una rivendicazione, questa volta lo Stato Islamico ha voluto porre il suo sigillo con grande tempestività , ben prima che le forze speciali mettessero fine all'azione terroristica. Con un comunicato diffuso dall'agenzia di stampa fiancheggiatrice Amaq, ripreso da Site, in cui si anticipava il bilancio di sangue: almeno 24 persone uccise, di diverse nazionalità .
Tanta rapidità si spiega probabilmente con la necessità di mettere in chiaro la paternità del terrore in un'area della galassia del radicalismo islamico che risente anche dell'influenza di Al Qaeda. Tanto è vero che Ansar al-Sharia Bangladesh, organizzazione qaedista locale, aveva a sua volta rivendicato l'attentato. Sul suo sito, Amaq pubblicava foto di cadaveri all'interno di un ristorante, tra tavoli e piatti. Immagini orribili, dall'attendibilità non verificabile, che hanno infestato le vie digitali del Jihad.
I precedenti. Dacca è già stata teatro di attentati terroristici. Il 23 aprile un professore universitario è stato ucciso a colpi di ascia da militanti islamici, prima di lui attacchi simili erano avvenuti in passato contro dei blogger e intellettuali laici.
http://www.repubblica.it/esteri/2016/07/02/news/dacca_blitz_delle_forze_armate_nel_bar_attaccato_dall_is-143243979/