Estate 1986. A giugno i mondiali finiti male e la triste consapevolezza che gli eroi del 1982 erano rimasti a Madrid e non sarebbero più tornati. A luglio la maturità con i suoi patemi d’animo. Poi, finalmente, ad agosto, i tanto attesi dieci giorni di campeggio con gli amici sul Gargano. Blue jeans, pochi soldi nella palta di dietro e tanto “entusiasmo†nella patta davanti. Ragazze, mare, musica, nottate, sigarette, tabacco condito, fuso orario di Melbourne.
In tanta frenesia un unico momento di pausa: alle 19:00, qualche minuto prima, qualche minuto dopo, ci ritrovavamo noi cinque soli al bar/baracca sulla spiaggia. Cinque sedie, un tavolino, cinque birre grandi gelate e un silenzio irreale mentre seguivamo il sole che affondava lentamente nel mare. Non c’erano ragazze che potessero distrarci e non c’era argomento che potesse costringerci a parlare. Eravamo noi soli, il tramonto, le birre ghiacciate e il nostro silenzio. Non occorreva altro.
Oggi, 19 agosto 2010, al rientro da Capitolo, ascolto la radio. Manca qualche minuto alle 19:00. Lo speaker annuncia che di lì a breve sarebbe andato in onda il giornale radio, nel corso del quale avrebbero commentato la notizia di una singolare ricerca effettuata da scienziati di non so quale paese: pare che una birra bevuta in spiaggia al tramonto faccia molto bene alla salute. Spengo la radio. Non ho bisogno di approfondire. Rientrato a casa, affido le mie figlie ancora mezze rintronate dal sonno a mia moglie e apparecchio il balcone. Una sedia, una birra grande gelata e gli ultimi bagliori del tramonto. In casa le bambine lagnano. È il piccio del sonno. Mia moglie sbraita. È piccio di moglie. Sul balcone, però, c’è ancora un pizzico di luce, una sedia, una birra gelata e silenzio, il mio silenzio. Non occorre altro.
Mè, mò me ne vado. Casomai danno la replica della juve.