Ivan è un armadio di 190 cm, indossa un passamontagna e una maglietta nera con un teschio.
I giornalisti lo hanno bollato come ultrà , i gesti dei suoi "uomini" come disordini calcistici.
Ma le cose non stanno così ed è chiaro fin da subito.
Per capire il fenomeno serbo bisogna conoscerne la storia, calcistica e politica.
Quella storia che durante il conflitto balcanico dei primi anni novanta si intreccia pericolosamente e vede fra i suoi protagonisti, le tifoserie croate e serbe contrapposte; ma stavolta non con aste e fumogeni, ma con elmetti e fucili.
Si perchè molti dei corpi speciali degli eserciti in guerra avevano il loro zoccolo duro fra le frange ultra-nazionaliste delle rispettive tifoserie.
Per la Serbia ci sono gli ultrà delle due principali squadre della capitale, Stella Rossa e Partizan Belgrado.
Soprattutto i tifosi della Stella Rossa, soprannominati delije, gli eroi, svolgono un ruolo chiave in questa storia.
I delije allo scoppio del conflitto si arruolano fra le Tigri, un corpo paramilitare guidato dal generale Arkan, ex capo della sicurezza della Stella Rossa e quindi responsabile degli stessi delije.
Arkan e le sue tigri, si renderanno responsabili di crimini di guerra condannati dall'ONU come il genocidio e la pulizia etnica.
Ivan è un delije, lo dimostra il tatuaggio della croce ortodossa sul petto, con all'interno il simbolo della sua squadra, la Stella Rossa appunto.
Ma il tatuaggio più esplicativo lo si scorge vicino al polso destro: 1389.
Il 1389 è un anno fondamentale per la Serbia, reputato il più importante dai nazionalisti.
In quell'anno ha luogo la battaglia del Kosovo , nella quale i serbi combattono contro il formidabile Impero Ottomano.
L'Impero vince e la Serbia vede perire sotto la spada tutta la sua nobiltà , politica e militare.
Il regno di Serbia, uno dei più antichi e longevi d'Europa, verrà annesso all'Impero nel giro di pochi anni.
Quando ieri a Genova i serbi bruciano la bandiera albanese, dopo aver esposto lo striscione "Kosovo cuore della Serbia" le cose appaiono evidenti.
Si parla ancora del Kosovo.
Il Kosovo per i serbi, bisogna ripeterlo è una cosa seria.
Anche qui è necessaria un po' di storia.
Il Kosovo è storicamente un territorio popolato dall'etnia serba sin dall'anno 1000.
A seguito delle dominazioni susseguitesi questa maggioranza diverrà oggetto di massacri e pulizia etnica, fra cui vanno ricordati quello operato dei turchi ottomani alla fine del 1800 e quello avvenuto a seguito della spartizione della provincia fra Germania e Albania (stato fantoccio dell'Italia) durante la seconda guerra mondiale, da parte del governo albanese.
Proprio a seguito di quest'ultimo massacro, la maggioranza del paese diviene pian piano albanese e lo resterà anche a seguito del divieto imposto ai serbi kosovari dal Maresciallo Tito di far rientro alla loro terra, durante la Repubblica di Jugoslavia.
Questa stessa maggioranza albanese dal 1999, anno in cui il Kosovo diviene protettorato ONU, sistematicamente fa oggetto la residua minoranza serba di continui pogrom.
Lo status del Kosovo resta quello di provincia autonoma della Serbia fino al 2008 quando il presidente kosovaro Thaçi, ex leader dell'UCK un'organizzazione terroristica paramilitare macchiatasi di gravi crimini contro le minoranze durante la guerra del Kosovo, dichiara l'indipendenza della provincia da Belgrado.
L'ONU si spacca, il consiglio di sicurezza non riconosce la legittimità dell'atto che è di natura unilaterale.
L'indipendenza viene riconosciuta subito da USA, Francia e Italia, mentre restano apertamente contrarie la Spagna, la Cina e la Russia.
Questo è accaduto ieri a Genova.
Una parte della società serba ha combattuto, sia chiaro con modi deprecabili, contro una situazione politica, lascio a voi decidere se legittima o meno.
Ma non mi si venga a parlare di disordini calcistici legati agli scarsi risultati o di ultrà , perchè tutto ciò nel bene o nel male con il calcio non ha nulla a che fare.