da carloperrone » mar mag 07, 2024 12:50
GdM 6/4/2022 , articoli invecchiati male
BARI - Da quando è arrivato un po’ tutti l’hanno pensato: «Se lo dice Ciro...». Una sorta di certificato di garanzia applicato al calcio, scienza che più imperfetta non ce n’è. Ciro competente, Ciro comandante, Ciro con gli occhi della tigre, Ciro con... due «palle» così. Polito, insomma. L’uomo della ripartenza in casa Bari. Quello che serviva per rimettere ordine in una società che, l’ordine, lo aveva un po’ smarrito al culmine di una gestione troppo poco autonoma. E, quindi, spesso vittima di equivoci di fondo.
Ciro l’uomo solo al comando. Quello che arriva e dice «se ci sono problemi chiamate me, vi rispondo io». Ad Ascoli prim’ancora che a Bari. E ancora, «la società sceglie il direttore sportivo, poi l’allenatore, se vuoi vincere, deve essere un tutt’uno con me. Lui allena ma i calciatori li prendo io». Il calcio non l’ha scoperto Polito, ci mancherebbe. Ma una chiarezza così devastante è parsa come manna dal cielo, qui che di bocconi amari e pugnalate non se ne poteva più. Ecco che allora è diventato uno slogan, quasi un tormentone. «L’ha detto Ciro», già . L’uomo che non gira attorno alle parole. Te le lancia come proiettili. Con quella mimica facciale quasi teatrale e la voce che scandisce i concetti colorandoli con toni chiarificatori. Sembra che reciti, da buon napoletano. Invece è solo se stesso. Ciro e niente più. Senza schermi. Senza «trucco», soprattutto. Chapeau!
Polito, se la ricorda la chiamata del Bari?
«Eccome. Non vi nascondo che non è stato facile. Avevo da risolvere il rapporto con l’Ascoli ma De Laurentiis mi metteva una certa fretta. Venivo dalla serie B e credevo di meritarla. Però Bari non è una piazza di serie C».
È stata dura dire «sì»?
«No. Mi sono convinto subito. Mio figlio mi ha detto, “papà ma sei sicuro? La C è un infernoâ€. Ma ve l’ho detto, a me piacciono le sfide. E da quel momento mi sono buttato a capofitto».
Lei è stato l’ultimo direttore sportivo ad essere ascoltato nel casting di De Laurentiis. Si è fatto un’idea sul perché è stato scelto?
«Non saprei, davvero. Non sono il tipo da avere un asso nella manica da tirare fuori. In quei colloqui sono stato me stesso, così come sono ora con voi».
Dove pensa di aver fatto la differenza? Sul mercato o nella gestione?
«Quando hai 24 calciatori, tutti in grado di giocare, devi essere molto attento. Si fa presto a perdere dalle mani il giocattolo. Detto ciò, è vero: il mercato è stato molto complicato. La società ha investito, io ci ho messo anche idee».
Cominciamo da Mignani.
«Mi dicevano “ma come, prende uno che non ha mai vinto?â€. Ma che discorsi sono? Magari non ha vinto perché non aveva la squadra giusta. O per episodi poco fortunati».
Che pensa del suo lavoro?
«Grandioso. Sul piano della gestione è stato fantastico. E poi in questa stagione, numeri a parte, il suo Bari ha saputo anche divertire. Non l’hanno fatto molte squadre. Di lui amo l’equilibrio. Lo usa in tutte le cose che fa. E, credetemi, non guardatelo sempre così calmo. Si fa sentire, eccome».
Insomma, si riparte da lui.
«Facciamo una cosa: ve lo scrivo su un foglio, qui live. Mignani è l’allenatore del Bari anche per la prossima stagione».
E il club?
«De Laurentiis è il presidente che tutti vorrebbero. Siamo stati tutti bravissimi, anche le persone che non compaiono mai e che invece sono importanti. Anche il mio staff, ci tengo. Non sono solo, ci sono persone che lavorano con me dalla mattina alla sera. Penso a mio genero Giuseppe Rinaldi e a Michele Lanzillotta (una vecchia conoscenza dei tifosi del Bari, centrocampista che prometteva bene, ndr)».
Quanto divario c’è tra C e B?
«Sarebbe un errore credere di poter arrivare in B e pensare di poter spaccare tutto perché ti chiami Bari. Dobbiamo costruire una grande squadra sapendo che ci sarà bisogno di tempo. Ma tanti di questi ragazzi possono giocare in B».
Ha qualche sassolino da togliersi?
«Mi sarebbe piaciuto sentire che il Bari è stata la squadra più forte. Invece mi è toccato leggere teorie fantasiose. Tipo che tra noi e il Catanzaro i tredici punti di distacco sono figli di un calcio di rigore. Vadano a riguardarsi meglio gli episodi. Noi abbiamo scelto di non rispondere, però certe cose amareggiano».
Lavali