joker88 ha scritto:bih ha scritto:Pino ha scritto:Licio Gelli ha scritto:Arkan era proprietario dell'Obilic Belgrado... un pò come dire che il presidente del Bari fosse capo ultras del leccie
Quello che risulta da Wikipedia:
Željko Ražnatović - meglio conosciuto come Arkan - negli anni Ottanta... fa ritorno a Belgrado dove diventa capo della sicurezza della discoteca “Amadeus†e capo degli ultras della Stella Rossa Belgrado.
... si occupò anche di calcio e nel 1998 la squadra di cui era presidente, il FK Obilic di Belgrado, partecipò alla Champions League. Dopo vari attacchi subiti da Arkan sulla stampa italiana, passa la presidenza della squadra a sua moglie, la cantante folk Svetlana Ceca (di 21 anni più giovane di lui), mantenendone però la proprietà .
"Negli anni Settanta si aggira per l'Europa, svolgendo attività spionistica per conto dell'UDBA, la polizia segreta jugoslava, anche compiendo missioni contro emigrati poco graditi al partito. In cambio i servizi gli offrono protezione, armi e documenti falsi, tutti mezzi che Arkan sfrutta per la sua carriera di insaziabile rapinatore che si apre il 1º febbraio 1974 con una rapina in un ristorante milanese, e poi una lunga serie di rapine a mano armata in Svezia, Belgio e Paesi Bassi. Sconta una pena di 4 anni in Belgio, ma riesce a fuggire dal carcere di Bejlmer (Amsterdam) durante un’altra pena carceraria di 7 anni."La stato jugoslavo in quegli anni infatti mandava i piu' irriducibili ladri e criminali all' estero. Loro rubano in Europa, dopo un po' ritornano in patria pieni di soldi e li spendono a casa in valuta straniera per poi ritornare di nuovo all' estero...politica abbastanza furba, direi. Non avevano bisogno di rubare a casa e lo stato non doveva annoiarsi con loro. Siccome Arkan era abbastanza "abile" gli hanno affidato anche il lavoro di spia.
a me fa rabbrividire che era amico di Giovanni di Stefano, un uomo che dovrebbe stare in prigione invece è ai vertici della giustizia mondiale, assurdo...
16/2/2011:
Giovanni Di Stefano, imprenditore di origini molisane diventato famoso come presidente del Campobasso calcio, è stato arrestato nella sua villa a Palma di Maiorca per truffa, in esecuzione a un mandato di cattura internazionale richiesto dalla magistratura britannica. 55 anni, nato a Petrella Tifernina ma cresciuto in Inghilterra, Di Stefano è stato il difensore, fra gli altri, di Saddam Hussein, Slobodan Milosevic, del serial killer Charles Manson e di Ronald Biggs, noto bandito inglese. A metà anni Novanta è stato il bersaglio dell’ironia della Gialappa’s band, che gli ha dedicato innumerevoli “frecciatine†mediatiche. Sedici anni fa sposò, a Termoli, una nota cantante jugoslava.
E’ stato arrestato in Spagna, e precisamente a Palma Di Maiorca, dove attualmente risiede. La polizia si è presentata nella sua villa lussuosissima per notificargli un mandato di cattura internazionale richiesto dalla magistratura britannica. L’accusa: truffa aggravata. Quando Giovanni Di Stefano ha visto il provvedimento firmato dal giudice, si è sentito male e ha perso conoscenza, tanto che è stato trasferito temporaneamente in ospedale. Non gli basterà , comunque, ad evitare il carcere. Una volta dimesso infatti sarà portato a Madrid, a disposizione della polizia spagnola. Il suo futuro appare adesso assai poco brillante: ad attendere il noto imprenditore di origini molisane c’è una lunga permanenza nel penitenziario. Secondo i calcoli dei magistrati inglesi, che lo hanno condannato per truffa, furto e riciclaggio di denaro, Di Stefano rischia fino a 75 anni di carcere. Sono 18 i reati che gli vengono contestati, secondo quanto riferito da fonti governative spagnole, che il 55enne avrebbe commesso tra il 2004 e il 2009.
In Molise la notizia si è diffusa accompagnata da un bel po’ di rumore, ma senza troppa sorpresa. Sull’imprenditore, nato 55 anni fa a Petrella Tifernina e cresciuto in Gran Bretagna, esistono da sempre sospetti e ombre mai chiarite. I molisani sono abituati a vederlo su auto di grossa cilindrata, con autista al seguito, le maniere un po’ esagerate di chi dispone di molto molto denaro e non fa nulla per nasconderlo.
Giovanni Di Stefano da queste parti è conosciuto soprattutto per essere stato, per alcuni mesi, il presidente del Campobasso calcio. A metà anni Novanta, inspiegabilmente, aveva deciso di tornare in Patria e si era stabilito in una bella villa romana, decidendo di comprare la società dei Lupi e promettendo che l’avrebbe portata fino alla serie A dalla D nella quale si trovava. La promessa è rimasta tale, visto che dopo poco tempo Di Stefano è sparito abbandonando il progetto e la sfida calcistica. Anche per questo è stato a lungo il bersaglio dalla Gialappa’s band, che non si è fatta sfuggire l’occasione di prendere in giro un personaggio tanto simile sul quale ancora esistono video e filmati di ogni genere.
Controverso e ambiguo, uomo d’affari, dirigente calcistico e produttore musicale, Giovanni di Stefano è noto alle cronache internazionali per essere un avvocato.
Ribattezzato “l’Avvocato del Diavolo†per aver assunto la difesa di imputati considerati indifendibili: da Saddam Hussein a Slobodan Milosevic a diversi collaboratori del defunto dittatore iracheno come Tareq Aziz, Barzan al-Tikriti e Awad al-Bandar. Tra i suoi “clienti†figurano anche Ronald Biggs, il bandito inglese divenuto celebre come protagonista della Grande Rapina al Treno del 1963, e il serial killer Charles Manson. Ultimamente aveva assunto la difesa del magnate britannico John Palmer, alias “Goldfingerâ€, coinvolto nella gigantesca frode in campo della vendita di immobili in multiproprietà .
Secondo alcune fonti, tuttavia, Di Stefano, che ha fondato il Partito Radicale della Gran Bretagna, non sarebbe nemmeno avvocato in quanto non risulterebbe infatti iscritto ad alcun ordine forense. A Termoli lo ricordano soprattutto per il suo matrimonio, che risale a circa sedici anni fa, con una nota cantante jugoslava, celebrato proprio nella cittadina adriatica. All’epoca Di Stefano viveva a Belgrado ed era amico intimo del comandante Harkan, il criminale di guerra in affari con la malavita, ucciso qualche anno dopo.