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Da due anni non riesce a godersi un Natale sereno. Almeno sportivamente. Massimiliano Scaglia, ai giri di boa in sordina, sempre con l'affanno di chi deve rincorrere, ci ha fatto il callo. Proprio come l'equipaggio di Luna Rossa al cospetto dell'invincibile armata di Alinghi.
L'anno scorso, con la maglia viola della Fiorentina, era partito per trascorrere le feste in famiglia lasciando nel capoluogo toscano un ambiente in pieno fermento, ipercritico con una squadra costruita per vincere subito, ma ancora in cerca d'identità . E un presidente, Della Valle, in vena di rivoluzioni più di Napoleone pur di non rinunciarci, alla vittoria immediata.
Quest'anno è un po' diverso. Stravolgimenti tecnici, all'orizzonte, non ce ne sono. Innanzitutto Matarrese non è Della Valle (portafoglio compreso). E poi gli obiettivi sono ben altri: di promozione, ovviamente non se ne parla, basterebbe una salvezza tranquilla.
"Egoisticamente preferisco la situazione di Bari - dice un po' a sorpresa Scaglia -. Siamo pochi, è vero, ma ciò consente a tutti di ritargliarsi uno spazio importante e di essere sempre protagonisti. A Firenze, invece, con una rosa diventata alla fine di 35-36 elementi, conquistare una maglia da titolare, tranne per qualche intoccabile come Riganò, era un'impresa".
Una campagna contro i rinforzi annunciati? Tutt'altro. Scaglia corregge subito il tiro e non smentisce l'appellativo di vincente con il quale era stato presentato in biancorosso.
"Ammetto, però - continua l'esterno mancino - che un paio di arrivi importanti, giocatori d'esperienza che conoscano la categoria come le proprie tasche e che quindi possano da subito ambientarsi all'atmosfera di squadra e città , sono assolutamente necessari. Capisco le richieste del mister e la volontà della società di tornare sul mercato. La classifica non ci sorride. Logico che per evitare di soffrire fino all'ultima giornata, qualche correttivo dovrà essere attuato da qui a fine gennaio".
Rispetto alla precedente esperienza in viola, Scaglia stempera maggiore ottimismo, nonostante le ambizioni diametralmente opposte.
"Sono molto più fiducioso - conferma -. Dodici mesi fa pensavamo tutti o quasi di non riuscire a tagliare il traguardo che il club si era prefisso. Invece qui, dopo gli ultimi tre risultati utili consecutivi, abbiamo acquistato fiducia, ci siamo resi conto che la crescita tecnica è costante. Ovvio che quando ci si imbarca per una nuova avventura, le aspettative sono sempre massime, sebbene Carboni avesse messo tutti in guardia sulla durezza del campionato che ci avrebbe aspettato. Anch'io, però, all'inizio ho risentito un po' della preparazione appena accennata e del poco amalgama con i nuovi compagni. A Firenze godevo della stima dei tifosi (era tra gli idoli della "Fiesole", ndr), mentre qui ho avvertito la pressione di dover ripartire da zero o quasi, che mi ha un po' frastornato".
E' uno Scaglia controcorrente anche quando si fa riferimento all'idiosincrasia da gare interne, ai fantasmi del San Nicola.
"Ma quali fantasmi - esclama -! Sarà una mia idea personale, ma io questa depressione, quando giochiamo fra le mura amiche, non la avverto. Ben inteso: a tutti fa piacere esprimersi in uno stadio festante, stracolmo di entusiasmo e un impianto come il San Nicola vuoto fa sempre una certa impressione. Ma considerate le difficoltà del Bari negli ultimi anni, preferisco trecento affezionati che ci sostengono dal primo all'ultimo minuto a 30mila tifosi che accorrono alla partita solo per fischiarti alla prima occasione utile. Rischierò di passare per pazzo, ma ora come ora è meglio così. Meglio che la gente torni a riempire gli spalti quando sarà davvero convinta che questo Bari merita il suo sostegno. Allora sì che il San Nicola potrebbe diventare un fattore decisivo per il conseguimento dei nostri obiettivi. Ma, in fin dei conti, dipende da noi".