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Moderatore: Pino
il puma ha scritto:Ha praticamente affermato che non è disposto a spendere altri soldi per la squadra.Dato che i nostri giocatori sono in prestito o quasi,che non c'è un elemento da piazzare ad alto prezzo(sono finiti i tempi delle vacche grasse)...io mi incomincio a preoccupare seriamente per l'anno prossimo.
Cosa vuole programmare con Carboni se non è disposto a spendere?
Marcomerlino ha scritto:Ecco l'intervista completa...che fatica!
(Gazzetta dello Sport)
Presidente Matarrese, ormai si è rassegnato a sopportare il deserto sugli spalti del San Nicola?
No, assolutamente. Non è possibile che una città come Bari abbia deciso di non amare più la sua squadra; una società di calcio non può vivere a lungo senza tifosi. Già è un miracolo che il Bari sia stato capace di sopravvivere per 4 anni in questa situazione irreale. Il San Nicola ora è solo un'opera d'arte: tornerà ad essere uno stadio da serie A, con uno spettacolo di gente di prima classe. Sempre che, lassù, i vertici consentano di fare calcio non solo ai grandi club che si dividono la ricchezza televisiva.
Lei, da tifoso, avrebbe continuato ad andare allo stadio?
Io giustifico la delusione dei tifosi del Bari, comprendo quanto stanno soffrendo. Ma, si sa, anche nel calcio gli investimenti finanziari non cancellano il rischio di sprofondare, di mancare l'obiettivo sportivo. Abbiamo pagato a caro prezzo, per anni, il fallimento nella stagione in cui puntammo all'Europa, con l'acquisto di Platt che procurò 22000 abbonati ma costò 12 miliardi di lire.
La sua famiglia si sente poco amata, addirittura odiata dai baresi?
Gelosia e invidia nei vari settori imprenditoriali possono creare un ambiente ostile. Questo non succede solo a Bari ma in tutte le città . Invece, nel calcio amore e odio sono creati dai risultati. Avrei dovuto lasciare il Bari quando era in auge. Quando non ci saremo più e magari il Bari sarà tra i dilettanti, qualcuno apprezzerà i sacrifici della mia famiglia che dal 1977 regge la società .
Le bombe davanti al portone di casa, gli striscioni offensivi e i cori allo stadio...
I tifosi avrebbero voluto che il Bari reinvestisse sempre gli utili derivati dal mercato, effettuando acquisti onerosi, che però non garantiscono successi. E poi nel 1997 a Bari, con l'affare edilizio di Punta Perotti, hanno tentato di distruggere l'impresa Matarrese: abbiamo sofferto, resistendo al mare in tempesta e ora vogliamo tornare a certi livelli. Se siamo ancora alla guida del Bari, significa che puntiamo a riconquistare la serie A. Ce la faremo e premieremo quei pochi abbonati che non ci hanno lasciati soli in B; gli ultras stanno capendo i nostri problemi. Dopo Fascetti e Regalia, non abbiamo riaperto un ciclo; Carboni mi sembra un tecnico di prospettiva. Nessuno si è fatto avanti per trattare l'acquisto del Bari, nessuno si illuda di rilevare la società gratis. A nessuno darei questa soddisfazione; piuttosto, ridurrei programmi e ambizioni.
In 28 anni i Matarrese quanto hanno investito nel calcio?
Tanto. Almeno fino al 92-93, sino a quando l'azienda di famiglia, in condizioni floride, assorbiva le perdite del Bari. Per fortuna, dopo il 1995 il Bari è sopravvissuto in autofinanziamento: le cessioni dei vari Protti, Andersson, Sala, De Ascentis, Ventola, Zambrotta e l'affare Cassano hanno prodotto notevoli utili di mercato. A luglio 2004, però, abbiamo dovuto effettuare una ricapitalizzazione di 10 milioni di euro per iscriverci all'attuale campionato, che costa quasi 20 milioni di euro. Ma non tireremo fuori altri capitali per il calcio. Sarebbe un affronto verso i 1000 dipendenti della nostra azienda, che hanno uno stipendio di 1500 euro. Magari dal vivaio sbocciassero altri talenti: mai più, però, ci sarà un nuovo Cassano.
Crede che nessun proprietario di club di calcio si sia arricchito?
Lo escludo. Per riuscirci, bisogna fare imbrogli: ma gli imbrogli vengono a galla. Che fine hanno fatto certi personaggi.
Per ritrovare entusiasmo, quale partita del Bari si rivedrebbe?
Mi basterebbe un minuto: lo slalom e il gol di Cassano contro l'Inter. Mi alzai, lasciai la tribuna e mi rifugiai nello spogliatoio, per piangere di gioia. Mai avrei immaginato che, un giorno, Cassano non mi avrebbe degnato di una semplice telefonata.
Da quanto non sente Antonio?
Da tanto, troppo tempo. Non mi ha mai chiamato, tocca a lui: gli ho fatto da padre, gli voglio ancora bene, ma non farò io il primo passo. Cassano è un grande, dentro ha valori che pochi gli riconoscono. Non era ancora esploso contro l'Inter, un giorno mi chiese di parlare. [size=18]"Presidente, ho un desiderio", e io tremai pensando a una prima grande richiesta economica. [/size]"Non morirò, finchè non vedrò in ginocchio davanti a me chi ha fatto male a mia madre". Antonio è così, un gioiello grezzo. Ma perchè non mi telefona?
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