da CIANURO » mar mar 25, 2014 4:13
Dal Cibali al Bernabeu, la crisi in 10 punti
Confronto impietoso a portata di telecomando tra la serie A e Real Madrid-Barcellona. Stadi, campioni e atmosfera: è tutto un altro calcio
ROMA - A volte basta pigiare il tasto del telecomando, clìc, per percorrere distanze immense, per viaggiare come dalla Terra a Marte. Chi l'abbia fatto durante Real Madrid-Barcellona (e Catania-Juventus, e Lazio-Milan) ha visto cose che noi umani eccetera. Chi, per tifo o per necessità di lavoro, ha preferito o dovuto soffermarsi sul nostro campionato e poi, random - oppure infilandosi nel quarto d'ora di differenza tra gli orari d'inizio delle tre partite (anzi, della Partita e dei due tristi riempitivi) - si è spostato televisivamente a Madrid, ha vissuto quasi uno shock. Perché sembravano, anzi erano, due sport differenti, due mondi opposti, due universi paralleli che non si incontrano mai: se non, appunto, grazie a quel clìc.
Non si tratta della solita critica al nostro calcio deludente, impoverito di talento e denari, isterico, insomma provinciale nel senso peggiore del termine. Si tratta, proprio, di distanze siderali. E c'erano almeno una decina di motivi, ieri sera, per lasciar perdere la nostra lillipuziana serie A e rimanere ricchi (di bellezza, di emozioni), felici, golosi e appagati. Bastava rimanere a Madrid, e dimenticare tutto il resto.
Con una scusante: anche sulla carta (in termini di punti in classifica) Catania-Juventus non è comparabile a Real-Barcellona. Ma i risultati nelle Coppe europee raccontano bene la differenza.
1) I GIOCATORI - Persino ovvio dire che la prima, abissale differenza tra noi è loro è nella qualità media dei calciatori. Tutti, non solo i fenomeni. Anzi, soprattutto in quelli che fenomeni non sono. Giocatori che sanno fare tutto e quasi sempre benissimo. Calciatori completi, bene addestrati, capaci di fare quello che devono e andare dove devono. Un'altra razza.
2) LA VELOCITA' - Bastava un clìc, e la palla cominciava a correre ai duecento all'ora. Non stava mai ferma, come i bambini sulla spiaggia. Il Clasico non si interrompeva mai, era un fluire continuo e rapidissimo. E ogni gesto atletico e tecnico, nonostante quella folle rapidità , restava preciso, esattissimo: la differenza tra una finale dei cento metri alle Olimpiadi e una mezza maratona nel giardino di clinica Villa Arzilla.
3) L'EQUILIBRIO - Nel nostro campionato c'è la Juve, e poi ci sono gli altri. Non è colpa della Juve se gli altri, quasi sempre, sono una banda di pellegrini. Quando lo sente dire, Antonio Conte urla al "complotto mediatico globale destabilizzante": si sbaglia. Perché i grandi tornei prevedono un altrettanto grande equilibrio, altrimenti sono monologhi. In Spagna, le tre squadre di testa sono divise da appena un punto a fine marzo, da noi il campionato è finito in autunno, cadendo come una foglia.
4) IL CORAGGIO - Mai domi, mai abbattuti neppure se quasi battuti, i protagonisti di Real-Barcellona hanno lottato dal primo all'ultimo secondo senza calcoli e senza risparmio. Sette gol, tantissimi, e dopo ognuno di questi gol i giocatori si rimettevano all'opera, per rimontare o per ribadire. Uno spettacolo anche di carattere, non solo di abilità .
5) L'ATMOSFERA - Invece dei nostri soliti stadi vuoti, un'astronave come il Bernabeu piena di gente ma anche di calore. Persino l'erba, vista dalla tivù, sembrava più verde. E non possiamo neppure cavarcela con la battuta classica, visto che non si tratta purtroppo dell'erba del vicino. Perché la Spagna del calcio, l'abbiamo detto, sta su un'altra galassia rispetto ai nostri spelacchiati orizzonti.
6) IL PUBBLICO - Fa parte dell'atmosfera, ma è qualcosa di più specifico. E', potremmo dire, la densità umana che caratterizza la distanza. Mai un coro contro, solo qualche boato. Neppure uno striscione offensivo, ovviamente: perché all'estero gli striscioni non esistono proprio, non li concepiscono. Da quelle parti si è sportivi davvero. I primi piani televisivi hanno mostrato, certo, lo scoramento finale dei tifosi del Real e la gioia di quelli del Barcellona, ma si capiva che tutti - vincitori e sconfitti - si erano divertiti un mondo. Anzi, si erano divertiti un altro mondo.
7) L'INTENSITA' - La potenza agonistica del Clasico è stata trascinante, memorabile. Neppure un minuto di non amore, per dirla con Lucio Battisti. Un misto fantastico di forza fisica e preparazione atletica, mentre gli ometti da calciobalilla del nostro campionato di solito passeggiano, o trascorrono il tempo a lamentarsi con l'arbitro, oppure a restare a terra simulando di essere stati uccisi da una spintarella dell'avversario. La carica emotiva di Real-Barcellona non è dipesa solo dall'alternanza continua dei gol, era qualcosa di elettrico, di fisico. Una specie di orgasmo sportivo, lasciatecelo dire.
8) ZERO TATTICA - Il che non significa, è ovvio, che queste meravigliose squadre preferiscano improvvisare: seguono, invece, un preciso disegno (del resto, uno dei due allenatori è Carlo Ancelotti, e un allenatore italiano non può non essere imbevuto anche di teoria). Quello che però all'estero non fanno neppure gli italiani è sottomettere i giocatori al gioco, la trama del racconto alla teoria. Conta, alla fine, solo la pratica. Gli attori assai più del copione.
9) ALLENANTE - Usiamo l'aggettivo scelto da Fabio Capello, che ci ha aggiunto un "poco" per dare l'idea di come il campionato italiano non prepari le nostre squadre, neppure la migliore tra queste, al confronto con le grandi degli altri tornei: una verità sacrosanta. E' chiaro che Real Madrid, Barcellona e Atletico Madrid, vivendo in Spagna un'avventura di simile intensità e bellezza, quando si ritrovano in Champions proseguono quasi di slancio. Noi italiani, invece, di slancio continuiamo solo a passeggiare.
10) I FUORICLASSE - Infine, non può esistere confronto tra i campioni di Real e Barcellona e i nostri onesti lavoratori del pallone. Non ripeteremo qui la solita solfa sulla perdita di potere commerciale del nostro calcio, dunque sull'uscita dal grande mercato dei talenti: troppo evidente. Anche un bambino di sei anni, pigiando il famoso tasto del telecomando, si è accorto che Messi, Ronaldo, Iniesta, Di Maria, Xavi, Benzema e compagnia cantante appartengono a una diversa specie animale: è come mettere a confronto un ghepardo e un bradipo. Ecco perché il telespettatore di Real Madrid-Barcellona ha avuto un solo momento di delusione, però profonda. E' stato quando l'arbitro ha fischiato la fine.
(La Repubblica)
L'unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente do – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s'ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio.
Indro Montanelli
Una società più austera può essere una società più giusta, meno diseguale, realmente più libera, più democratica, più umana.
Enrico Berlinguer