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Rosencratz ha scritto:Usa, Mattis apre il tiro contro l'F-35: "Costa troppo"
Nel giorno della prima visita di Trump al Pentagono, il segretario alla Difesa ha ordinato di riesaminare la questione del supercaccia, chiedendo chiarezza su su prezzi e prestazioni
In Iraq James "Jim" Mattis era un generale famoso perché passava le notti nelle buche con i suoi marines. Un "monaco guerriero", che a Falluja nelle pause dei combattimenti leggeva classici latini, con una predilezione per le Meditazioni di Marco Aurelio. Un ufficiale che non ha fatto carriera partendo da West Point, ma conquistando tutte le stellette sul campo, così anticonvenzionale da venire ribattezzato "Cane pazzo". E adesso che da pensionato si è insediato alla guida del ministero della Difesa, promette di sconvolgere molti dei piani del Pentagono. A partire dal progetto dell'F-35, il programma militare più costoso del pianeta.
Nel giorno della prima visita di Donald Trump al Pentagono, Mattis ha ordinato di riesaminare la questione del supercaccia, chiedendo chiarezza su prezzi e prestazioni del velivolo Lockheed. Un intervento che interessa anche l'Italia, impegnata nella costruzione e nell'acquisto dell'F-35.
Era stato Trump in piena campagna elettorale a scagliarsi contro il caccia invisibile dal prezzo stratosferico. E ora Mattis traduce la promessa in un provvedimento operativo. Anzitutto per verificare se le promesse di riduzione dei costi saranno mantenute. Lockheed sostiene che i risultati sono già significativi: i primissimi esemplari nel 2007 venivano oltre 279 milioni di dollari l'uno, poi tre anni fa si è calati a 138 milioni per aereo e il conto per l'ultimo trance ordinata è sceso a 102 milioni. Ma la nuova amministrazione sospetta che il prezzo non sia ancora giusto. E teme che l'annuncio di scendere sotto i 100 milioni nel futuro prossimo sia solo propaganda.
Anzitutto, perché la bolletta per le altre varianti del velivolo è molto più esosa. Come l'F-35 B a decollo cortissimo, destinato ai Marines e ordinato pure dall'Italia, che costa oggi 131 milioni a esemplare. O la versione C, ordinata per le portaerei della flotta statunitense, che è ferma a 132 milioni. E qui finora non si sono visti sconti.
Ma non c'è solo il problema dei soldi. Molti generali sono sempre più perplessi sulle prestazioni dell'aereo. E' nato per essere invisibile ai radar più avanzati, ma si teme che possa venire scoperto dai sensori vecchio stile prodotti nella Repubblica ceca. Il software che governa tutte le sue attività ancora non è stato perfezionato. E molti piloti temono che in battaglia faticherebbe a sopravvivere ai colpi nemici. Insomma, un concentrato di tecnologia con scarsa utilità sui fronti delle guerre contemporanee.
Lockheed ha sempre ribadito di potere superare tutte le difficoltà e rendere l'F-35 un vero superjet.E finora il Pentagono non aveva alternative. L'F-35 è l'unico caccia di "quinta generazione", concepito dopo la fine della Guerra fredda con una visione innovativa del dominio dell'aria. Tanto che gli Usa hanno previsto di acquistarne ben 1763. Ma Trump non sembra così appassionato di tecnologia e con la furbizia del mercante ha messo sul piatto un concorrente: rivitalizzare l'F-18 Hornet, in servizio da trent'anni con l'Us Navy, mettendo nuovi apparati in una macchina che si è dimostrata robusta in tutti i conflitti. Un modo di contrapporre al monopolio della Lockhhed l'offerta della Boeing e cercare di strappare prezzi migliori.
Perché se Trump vuole concretizzare il proclama elettorale sul potenziamento delle forze armate americane, comprando più navi, più aerei e arruolando più soldati, deve trovare una maniera per abbattere i prezzi. Il bilancio del Pentagono sfiora già i 600 miliardi di dollari l'anno ed è difficile destinare altre risorse su questo fronte.
La revisione del programma F-35 potrebbe avere un duplice effetto per l'Italia. Uno positivo, perché i contratti firmati dal governo americano comprendono i velivoli destinati anche a noi: se il prezzo cala, ne beneficiamo. Ma per cercare di ridurre i costi, Lockheed potrebbe abbassare la spesa per i fornitori. E questo sarebbe un guaio: la partecipazione delle aziende di casa nostra non è garantita, ma viene negoziata di volta in volta per ogni trance di produzione, con l'obbligo di essere competitivi. Se sulla qualità non temiamo rivali, quanto a costi potremmo trovarci in difficoltà nel confronto con le ditte coreane, turche o israeliane. Con la prospettiva di vedere sfumare i guadagni o rinunciare a essere presenti nel progetto. Sarebbe una beffa, dopo la scelta strategica portata avanti dai governi degli ultimi venti anni a sostegno dell'F-35 come principale investimento per il futuro della nostra industria aerospaziale.
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