patrimana ha scritto:Sono trascorsi 659 giorni dall'ultima volta che avevo indossato le scarpe da corsa. Nel mezzo non un semplice viaggio all'inferno, ma una vera e propria morte...e ritorno. E non so francamente perché lo stia scrivendo qui...
Ma andiamo con ordine. Chi per caso si ricorda di me, forse ricorderà anche che più volte avevo scritto che per me la corsa era abitudine alla sofferenza, dolore per combattere il senso di colpa. E spesso delle nevrosi della corsa son sorelle quelle alimentari: la necessità di controllarsi, di controllare quantità , calorie, nutrienti presenti negli alimenti; la necessità di espiare, dopo ogni serata in cui ci si è concessi una pizza di troppop, lavando via i sensi di colpa con le gocce di sudore. E per lungo tempo la mia psiche ha funzionato così: ho corso e quindi ho meritato il cibo; ho sopportato la sofferenza delle mie gambe allora sono stato in grado di resistere alle sofferenze della vita...
Poi un giorno correre non è bastato più per meritare il cibo; l'abitudine alla sofferenza, che racchiude in se una certa (seppur distorta) forza vitale, si è trasformata in abitudine al digiuno; il senso di colpa non ha soltanto strozzato la gratuità del piacere, ma addirittura le funzioni primarie della sopravvivenza...
e così ho visto il mio corpo perdere dapprima la forza, poi la forma, il colore, la pelle, i peli, la dignità stessa di uomo...53 chili seduti sulle mie ossa e l'alzarsi dalla sedia per andare a prendere un libro nella stanza accanto che diventa uno sforzo insostenibile...
non so perché sia arrivato a tanto...trovare una motivazione all'anoressia è anche l'ostacolo più duro vero la ripresa, perché ti obbliga a trovare una motivazione per la guarigione...quello che so, è che a salvarmi è stata la certezza che nulla sarebbe tornato come prima ma anche che quella situazione non sarebbe stata per sempre...l'unica differenza tra una morte psichica e la morte del corpo, da cui non si torna indietro...
Ed allora l'ostacolo più duro è ammettere a se stessi che non tutto può essere spiegato...che la vita non deve necessariamente essere meritata...ma che proprio la vita, con la sua forza che chiede forza, può portarti a guarire: mettere prima il passo per costringere la mente a seguire il corpo...ogni passo come un massaggio cardiaco che spinge sulla mente annebbiata, rallentata, immobile, inerte per resuscitarla...
L'esilio al nord, un concorso vinto, un matrimonio, finalmente il lavoro: ad oggi mi sembra un miracolo non essere crollato ed essere riuscito a sopravvivere, a restare sulle gambe prosciugate tra tante fatiche...
Ed oggi, come i fumatori, gli alcolisti, i tossicodipendenti c'è la consapevolezza che mai sarai un 'ex', che mai potrai superare la patologia... perché adesso sai cose che non puoi dimenticare (le calorie contenute in ogni singolo alimento, ad esempio, che tutt'oggi mi impediscono di lasciarmi andare nel gustare un cibo senza calcolare quanto questo mi costerà in termini di grassi, proteine, carboidrati), ma puoi imparare a conviverci, a disinnescarla, persino a deriderla...magari di corsa, magari sfidandola sulla strada...per questo ricominciare a correre oggi non ha voluto dire (solo) stanchezza, debolezza, affanno, ma innanzi tutto e semplicemente ricominciare a RESPIRARE...
p.s. Comunque ho chiuso a 5.22 di media...
Grazie per aver condiviso questa tua storia personale. Bentornato tra di noi.